Helmut Gernsheim, Arizona State University, 1978
La fotografia è una forma di astrazione, una selezione operata nella natura, un frammento di realtà.
L'astrazione completa, cioè la riduzione ad un minimo di linee, è la forma compositiva più difficile ed io non ho mai incontrato nessuno capace di "vedere" in campo fotografico allo stesso modo di Mondrian come Victor Gianella. L'apparente semplicità compositiva è sostenuta da una lunga pratica nel ridurre l'immagine nei suoi elementi fondamentali.
Più un dettaglio è isolato dal suo contesto e visto in contrapposizione con un altro frammento, generalmente non associato con esso nel nostro pensiero, più originale risulta l'effetto visivo. Non riusciamo a riconoscere il soggetto nella sua interezza ed il frammento assume una vita propria.
Gianella è affascinato dalla frammentazione del mondo visibile in parti che rimangono nascoste e segrete per la maggior parte di noi. Le sue immagini magiche che trascendono la realtà dell'oggetto sono pittoriche nella loro concezione e create attraverso mezzi puramente fotografici.
Si tratta di oggetti d'uso quotidiano: valvole di palloni, manopole del gas, squarci in una tenda, colpi di spazzole, imbarcazioni.
Queste superbe composizioni cromatiche fanno di Victor Gianella il più originale fotografo espressionista astratto.
Giuliana Scimé, Corriere della Sera, Milano, 1979
Gianella estrae dei particolari, attraverso il filtro della sua delicata sensibilità, ci indica tutto un mondo di forme e colori che non avremmo visto mai. E' forse alla genialità dell'uomo che dobbiamo questo straordinario recupero artistico. Victor Gianella è talmente timido e modesto da aver quasi paura della grandezza del mondo e la sua attenzione è attratta da ciò che abitualmente è ritenuto insignificante.
Egli sa scoprire delle realtà nascoste e segrete, confuse in mezzo alle grandi cose: la magia di un sottile ramo, l'armonia di alcune macchie di vernice su un muro, il rigore compositivo di una rete.
Le fotografie di Gianella sono un'esplosione di gioia di vivere,un viaggio fantastico dell'immaginazione, una liberazione da realtà troppo stringenti, una rottura degli schemi mentali. In mezzo a tanta fotografia che pretende di racchiudere in una sola immagine l'universalità dei significati, il lavoro di Gianella è un esperimento liberatorio della creatività e la riconferma che la macchina fotografica è uno strumento estremamente duttile, come il pennello e lo scalpello.
Ivo Monighetti, Mendrisio, 1979
L'occhio trova nella camera la complicità dello sguardo che strappa le cose all'abitudine e alla distrazione per farle assurgere alla dimensione fantastica della vita interiore.
C'è sempre qualcosa di "perverso" nello sguardo che, all'interno dell'inquadratura, tradisce il reale. Eppure, Victor Gianella tenta con molto pudore il rischio di una tenera, sapientissima "perversione". I suoi soggetti non sono le infinite suggestioni di un corpo, di un nudo o di un gesto, ma le apparenti bagatelle, le briciole, i brindelli, i residui consumati dal tempo delle cose che ci stanno intorno.
Costretto nel rigore di una pervicace moralità dello sguardo, e quindi in tensione con le forze opposte che lo porterebbero a slittare sempre altrove, frena l'occhio, vincolando le sue "minuzie" alla forma perfetta del quadrato.
Gianella sa che le piccole certezze della vita sono fatte di rinunce. Forse sta proprio qui la semplicità di questo, permetteteci il termine, guardone immacolato: lasciare che le cose, ferite e consumate dal tempo, stiano al loro posto, anche se sotto l'azione dello sguardo prima, e degli acidi durante lo sviluppo, diventano altre.
Pino Brioschi, Rodi Fiesso, 2003
Mi è stato chiesto di fare una piccola introduzione a questa mostra di fotografie di Victor Gianella.
Se da un lato mi sono sentito onorato da tale richiesta, dall'altro ho provato paura. Dovevo parlare di un fotografo più grande di me che vedevo come un maestro, come un esempio di purezza, mi creava grande imbarazzo. Conoscevo Victor Gianella solo attraverso alcune sue opere apparse in pubblicazioni di fotografia e immaginavo che l'autore di queste composizioni magiche fosse una persona alla quale era difficile avvicinarsi.
Questa esposizione al Dazio Grande mi ha permesso di conoscerlo personalmente. Con grande sorpresa ho scoperto un uomo umile, entusiasta del suo lavoro, molto cordiale e disponibile a trasmettere la sua passione per questa ricerca delle immagini, scovate là dove non le cerca nessuno; disposto a spiegare il suo modo di affrontare i soggetti, senza nascondere i dubbi e i timori che a volte lo rendono insicuro. Questa sua modestia ha accresciuto in me l'ammirazione per il suo lavoro. Ho potuto scoprire una volta ancora che dove c'è conoscenza, arte, poesia, non può esserci che umiltà e amore...
La grande abilità del fotografo sta nel gestire questi frammenti con sensibilità e precisione alchemica, proiettando le proprie emozioni fino ad ottenere quel grande equilibrio fra luci, ombre, forme e colori. Questa operazione è pittura, né più né meno, anche se come pennello si sono usati mezzi tecnologicamente più avanzati. Non dimentichiamo che "fotografia" vuol dire scrivere con la luce.
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